L’Italia rimessa alla Corte di giustizia per uso abusivo di contratti a tempo determinato nelle scuole

La Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione Europea per il mancato rispetto delle norme europee sul lavoro, in particolare riguardo all’uso abusivo di contratti a tempo determinato e alle condizioni di lavoro discriminatorie nelle scuole. L’azione intrapresa dalla Commissione è frutto di una lunga serie di segnalazioni e monitoraggi che hanno portato alla constatazione di irregolarità nel trattamento del personale docente nel sistema scolastico pubblico italiano.Infatti secondo Bruxelles, la legislazione italiana introduce una netta disparità di trattamento tra gli insegnanti assunti con contratti a tempo determinato e quelli a tempo indeterminato, specialmente per quanto riguarda la progressione salariale basata sui periodi di servizio precedenti. Questo crea una situazione in cui i docenti a tempo determinato sono penalizzati sia dal punto di vista economico che professionale, in violazione delle direttive europee sul lavoro e sul principio di non discriminazione.

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L’Italia rimessa alla Corte di giustizia, accusata di discriminazione salariale e abuso dei contratti a termine

La Commissione europea ha evidenziato come il sistema italiano di gestione dei contratti a tempo determinato nelle scuole pubbliche rappresenti una violazione della Direttiva 1999/70/CE, che stabilisce le norme quadro per prevenire l’abuso di contratti a termine e garantire che i lavoratori temporanei non siano trattati in modo meno favorevole rispetto a quelli assunti a tempo indeterminato.In particolare, la discriminazione riguarda la progressione salariale. Gli insegnanti assunti a tempo determinato, nonostante accumulino anni di servizio, non hanno diritto allo stesso avanzamento stipendiale che spetta ai colleghi a tempo indeterminato. Ciò significa che, anche dopo molti anni di insegnamento, un docente con contratto precario può trovarsi a percepire uno stipendio inferiore rispetto a un collega stabilizzato, pur avendo la stessa esperienza e anzianità.L’uso ripetuto e prolungato di contratti a tempo determinato è un altro aspetto critico sottolineato dalla Commissione.

Cosa comporta questo deferimento

Il deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia Ue è un atto formale che potrebbe portare a conseguenze legali e sanzioni per il Paese. Se la Corte confermerà le accuse della Commissione europea, l’Italia potrebbe essere obbligata a modificare la propria legislazione sul lavoro scolastico e a garantire un trattamento equo per tutti i docenti, indipendentemente dalla tipologia di contratto.Tra le misure correttive che potrebbero essere imposte, vi è l’introduzione di una progressione salariale per gli insegnanti a tempo determinato basata sull’anzianità di servizio, al pari dei colleghi a tempo indeterminato. Inoltre, potrebbe essere richiesto di limitare l’uso di contratti a termine, prevedendo l’assunzione stabile per quei docenti che hanno accumulato anni di servizio continuativo.La Commissione europea ha chiarito che il ricorso alla Corte è stato l’ultimo passo di un processo iniziato anni fa, con ripetuti avvertimenti e richieste di adeguamento alla normativa europea da parte dell’Italia. Il mancato adeguamento ha portato al deferimento, segnando una fase cruciale della controversia legale tra l’Ue e l’Italia.

Giorgia Meloni (Depositphotos) www.managementcue.it

L’Italia rimessa alla Corte di giustizia, la reazione del governo

Il governo italiano ha risposto all’azione della Commissione europea con una dichiarazione in cui si esprime la volontà di collaborare con Bruxelles per risolvere la questione, pur sottolineando la complessità del sistema scolastico italiano e la necessità di un dialogo costruttivo. Le autorità italiane hanno evidenziato come, negli ultimi anni, siano stati fatti sforzi significativi per ridurre il numero di insegnanti precari e stabilizzare il personale docente, ma riconoscono che restano ancora problemi da risolvere. Il deferimento alla Corte di giustizia Ue mette in evidenza un problema storico del sistema scolastico italiano: il precariato tra i docenti. Da decenni, migliaia di insegnanti lavorano in condizioni di incertezza, senza la garanzia di un posto fisso e con contratti che spesso vengono rinnovati di anno in anno. Questa situazione ha creato una spaccatura tra insegnanti di ruolo e insegnanti precari, con differenze non solo salariali, ma anche in termini di stabilità lavorativa e diritti. Il problema è stato aggravato dalla lentezza del sistema di assunzioni nel settore pubblico, dove i concorsi per l’immissione in ruolo sono spesso ritardati o non sufficienti a coprire il fabbisogno di personale. Di conseguenza, il ricorso a contratti a tempo determinato è diventato una pratica diffusa per garantire il funzionamento delle scuole, ma a scapito della sicurezza lavorativa dei docenti.

E davvero ci chiediamo ancora perchè le persone scappano all’estero? Cioè è così difficile capire che per evitare la fuga di cervelli basterebbe davvero poco? E quel poco sta nel rispettare il minimo sindacale di leicità nelle assunzioni. Ma l’Italia è il paese di Pulcinella dove all’apparenza sembra si faccia sempre il massimo ma che a conti fatti a stento viene fatto il minimo. E allora non ci stupiamo se domina il precariato nella scuola. Se le persone passano di ruolo dopo 20 anni e se lo stipendio è ridicolo. Eppure la scuola dovrebbe essere la base di tutto… ma cosa sto dicendo! Oggi è Tik Tok la base di tutto, non la scuola. Pardon.