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Come fanno certe aziende a diventare ‘di moda’ senza fare pubblicità?

Nel mondo dei marchi onnipresenti, alcune aziende scelgono l’anonimato come strategia di successo: il paradosso dei marchi segreti.

Nel pensiero comune, l’impatto di un marchio è spesso valutato attraverso la sua evidente presenza: insegne luminose, pubblicità in TV, influencer e le ultime novità.

Tuttavia, c’è un settore dove il valore di un prodotto non è ricercato attraverso visibilità immediata, ma è fondato sull’assenza di esposizione diretta. Questo è il mondo dei cosiddetti marchi segreti.

Queste aziende scelgono di non ricorrere a pubblicità tradizionale o a loghi vistosi, optando per un’estetica più anonima e riservata, sovvertendo le norme consolidate del marketing e, contrariamente alle aspettative, dando vita a fascino e desiderabilità.

Si tratta di una strategia culturale e finanziaria ben mirata: trasformare l’assenza di un brand evidente in esclusività, riconoscibile solo da chi ne è “seguace”.

I marchi “che non vedi”

Secondo Business Week Online, realtà come Muji in Giappone e American Apparel negli Stati Uniti hanno dimostrato che il successo commerciale non è per forza legato a grandi campagne. Muji, il cui nome significa letteralmente “prodotti di qualità senza marchio”, ha creato la propria identità attraverso un design minimal e privo di loghi. In questo modo, possedere un prodotto Muji diventa un modo per appartenere a un club riservato, comprensibile solo per chi “sa decifrare” il linguaggio del minimalismo. Anche American Apparel propone abiti semplici senza marchi palesi, ma con forte carica etica legata a  produzioni locali e “senza sfruttamento”.

Wikipedia descrive i marchi segreti come quelli che non promovono o etichettano esplicitamente i loro articoli, operando nel segmento del lusso e puntando a clientela esclusiva. A sostenere la loro forza comunicativa sono tre principi: la scarsità, che rende il prodotto ricercato e ambito; il branding indiretto, adottato anche da grandi marchi per attrarre nuove nicchie di mercato senza compromettere la propria immagine standard; e la sperimentazione, che consente di testare nuove offerte lontano dall’attenzione dei media e dalla volatilità dei mercati.

Design minimal e zen (depositphotos.com) -www.managementcue.it

Tra marketing e “controtendenza”

Il fascino di questi marchi risiede in parte nella loro apparente neutralità. Secondo Business Week, il successo di Muji e American Apparel non deriva solo dall’assenza di un logo, ma da un’identità estetica netta: minimalista e zen per Muji, nostalgica e senza tempo per American Apparel. È quasi un paradosso: nel tentativo di mantenere un profilo basso, questi marchi sono diventati icone riconoscibili.

Tale  fenomeno è anche legato ai movimenti di critica del consumismo e della standardizzazione. Negli anni Novanta, la giornalista Naomi Klein aveva denunciato nel suo libro “No Logo” gli abusi operati dalle multinazionali e il potere oppressivo dei marchi globali. Pertanto, se i marchi segreti non sono una conseguenza diretta di quel tipo di attivismo, hanno però colto un’esigenza crescente: non essere percepiti come “insegne pubblicitarie viventi”, ma come consumatori “liberi da etichette”. Al giorno d’oggi è difficile trovare di simili esempi sul mercato, essendo che il branding indiretto avviene più per singolo prodotto che non per una marca intera.

Published by
Serena Mancusi