Il ponte sullo stretto non s’ha da fare: terremoti e vento rendono impossibile il progetto | Una spesa che grava sulle spalle degli italiani

Ponte sullo Stretto ricostruzione (screenshot Geopop - YouTube) - www.managementcue.it
Tra sogni di progresso e limiti, il ponte sullo Stretto resta una situazione sospesa nel vuoto, ecco perché.
Quando si torna a parlare del ponte sullo Stretto, si ha sempre l’impressione di assistere alla replica di un vecchio film. Le promesse si rinnovano, i proclami pure, ma intanto il tempo passa e il ponte rimane un’idea. O meglio, una linea su carta. Eppure, per alcuni resta un simbolo di progresso. Per altri, un pozzo senza fondo che inghiotte soldi e buon senso.
C’è chi lo sogna da una vita, immaginando treni e auto che sfrecciano tra Sicilia e Calabria in pochi minuti. E chi invece guarda la zona con occhi più disillusi: qui le frane, i terremoti e i venti forti non mancano. Anzi, sono all’ordine del giorno. Non proprio il luogo ideale per un’opera titanica, diciamocelo.
E poi c’è la questione soldi. Chi paga davvero per tutto questo? Il costo non è uno scherzo, e a pagare – sorpresa sorpresa – saranno i cittadini. Ancora una volta. E magari senza vedere nemmeno un cantiere partire davvero. È un dibattito che si riaccende ciclicamente, ogni volta con nuove promesse e gli stessi vecchi dubbi.
Anche chi di ponti se ne intende, e lavora con numeri e progetti ogni giorno, ha spesso storto il naso. Perché tra le belle parole e la realtà ci passa un bel pezzo. Costruire è un conto, garantire sicurezza e durata è un altro. E proprio lì, nella sicurezza, sembra esserci il vero punto debole della storia.
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Un dettaglio nascosto che cambia tutto
Secondo quanto riportato tempo fa nell’inchiesta firmata da Cesare Treccarichi per Today.it, il problema vero è contenuto dentro… il progetto stesso. Già, proprio lì. La Stretto di Messina S.p.A., cioè la società incaricata di seguire i lavori, aveva depositato il documento “definitivo” (sì, tra virgolette), che indicava chiaramente una cosa: per testare i cavi principali del ponte serve una macchina che non esiste.
Lo ha spiegato anche Antonino Risitano, docente universitario ed esperto di costruzioni. Per fare quei test servirebbe un aggeggio grande come un campo da calcio e alto quanto un palazzo di cinque piani. E – ecco il punto – nessuno ha mai progettato una roba simile. Nemmeno sulla carta. E anche volendo, servirebbero qualcosa come 15 anni solo per pensarla bene.
Un punto critico che fa crollare tutto
Qui non si parla solo di soldi o di scartoffie, ma di sicurezza. I cavi in questione, quelli che tengono su l’intera struttura, devono reggere uno sforzo immenso. Ma il valore di sicurezza scelto dai progettisti è bassissimo. Parliamo di 1,35. E no, non è un voto. È un coefficiente, ma troppo basso perfino per uno stendino, figurarsi per un ponte che balla come un’ala d’aereo.
Risitano lo dice chiaramente: basta che uno di quei cavi molli, e il ponte viene giù “come un fico secco”. Letterale. E aggiunge che sarebbe stato più sensato usare parametri simili a quelli delle funivie, molto più severi. Nonostante queste criticità di cui si è parlato qualche tempo fa, oggi il progetto del Ponte sullo Stretto sembra sempre più concreto. Vedremo come si evolverà la situazione.