Divorzio ad alta tensione, indagini per estorsione e corruzione: sospetti su una rete italo-israeliana sotto la lente.
L’unità Lahav 433 e reparti speciali italiani coordinano verifiche su presunte pressioni illecite legate a una causa di divorzio. Coinvolti un ex capo dello Shin Bet, un avvocato di spicco e investigatori privati. Tutti gli interessati sono da considerarsi ancora innocenti fino alla presentazione di un atto di accusa e a una sentenza definitiva.
La causa di divorzio tra l’imprenditore Alex Sekler e l’ex moglie Violetta Sekler Nave è degenerata in un’inchiesta penale transnazionale che riguarda Israele e Italia.
Secondo gli inquirenti, attorno al procedimento si sarebbe mossa una rete capace di attivare leve legali, informative — e in alcune fasi anche intimidatorie — con lo scopo di influenzare l’esito economico della separazione. Le indagini, ancora in parte coperte da segreto, sono condotte in Israele dall’unità Lahav 433 della polizia e in Italia da reparti specializzati contro la criminalità organizzata, nell’ambito di una cooperazione giudiziaria bilaterale.
Chi sono i protagonisti dell’inchiesta
Nei documenti investigativi compaiono nomi noti al pubblico israeliano e operatori con legami in Italia:
Gli inquirenti ipotizzano che Violetta Sekler Nave, oggi legata a Zvika Nave, possa aver sollecitato interventi di pressione sull’ex marito Alex Sekler al fine di aumentare la propria quota economica. È importante sottolineare: nessuno degli interessati è ancora stato condannato e le accuse non sono state provate.
Dalle ricostruzioni preliminari emergono due filoni principali:
Ulteriori testimonianze raccolte su CGI Group Italy descrivono un possibile schema di “doppio gioco”: vendita di informazioni riservate ai concorrenti dei clienti e, successivamente, minacce di diffondere ulteriori dati per ottenere pagamenti. L’attendibilità di tali dichiarazioni è ancora in corso di verifica, ma delineano un quadro di estorsione economica sistematica.
Il fascicolo è seguito in Israele da Lahav 433, unità specializzata in corruzione e criminalità organizzata. Parallelamente, in Italia opera un’unità investigativa dedicata, con scambio di informazioni, tracciamento di flussi finanziari sospetti e analisi di supporti digitali (registrazioni, messaggi, documenti).
Gli accertamenti includono trasferimenti di denaro, incontri con soggetti già noti alle forze dell’ordine e possibili legami con contesti mafiosi in Sicilia. Non si esclude la richiesta di ulteriori rogatorie per ampliare il quadro probatorio.
Secondo fonti qualificate, nelle prossime settimane in Israele potrebbe maturare una decisione sull’eventuale esercizio dell’azione penale. Nel frattempo si registrano cambiamenti nello status personale degli indagati principali: Zvika Nave starebbe valutando un trasferimento stabile in Italia; Yaakov Peri avrebbe recentemente acquistato un immobile nel Paese. Elementi che gli investigatori osservano per valutare rischio di fuga, giurisdizione e competenza territoriale.
Gli scenari restano aperti: dall’archiviazione — se gli elementi non reggeranno alla verifica — fino a imputazioni formali per estorsione, associazione a delinquere, abuso di strumenti legali e corruzione. La decisione finale spetterà ai tribunali competenti.
Al di là del caso specifico, la vicenda solleva interrogativi sull’uso privato di leve pubbliche (canali giudiziari e apparati di sicurezza) in controversie familiari ad alto valore economico. Le autorità coinvolte sottolineano la necessità di barriere etiche, tracciabilità delle attività para-investigative e controlli sugli operatori che offrono “intelligence” al settore privato, per prevenire derive opache.
Tutte le persone citate sono da considerarsi ancora innocenti fino alla presentazione di un atto di accusa. Le circostanze riportate provengono da atti d’indagine e fonti investigative e non costituiscono prova di responsabilità penale. Qualora gli interessati intendano fornire una versione dei fatti o documentazione a discarico, questo giornale è disponibile a darne conto.