Leggi scritte male costano all’Italia 110 miliardi l’anno: lo studio shock degli economisti

Avvocato a lavoro

Leggi scritte male, se interpretare la democrazia costa troppo (Freepik Foto) - www.managementcue.it

In Italia esiste un problema tanto invisibile quanto enorme: quello delle leggi scritte male.

Non si tratta solo di un fastidio per avvocati, imprese e cittadini che faticano a interpretare norme complicate, ma di un vero e proprio freno all’economia. Secondo uno studio condotto dagli economisti Giommoni, Guiso, Michelacci e Morelli, l’oscurità e la frammentazione del linguaggio giuridico costa al Paese circa 110 miliardi di euro l’anno, pari a una riduzione del PIL del 5% (Il Post).

L’indagine si basa sull’analisi di oltre 75.000 testi normativi e sull’osservazione del comportamento di più di 5 milioni di imprese. È emerso che la complessità delle leggi rallenta gli investimenti, aumenta i costi di gestione, genera incertezza e induce le aziende a congelare risorse preziose. Ogni parola in più, ogni rimando incrociato a un’altra norma, si trasforma in tempo perso, in rischi aggiuntivi, in crescita mancata.

Non è un caso che gli studiosi abbiano riscontrato come la produttività delle imprese cali significativamente in corrispondenza di testi legislativi più oscuri. È un effetto a cascata: meno chiarezza vuol dire più contenziosi, più ricorsi ai tribunali, più decisioni ribaltate nei gradi superiori di giudizio. Perfino la Corte di Cassazione, di fronte a leggi scritte in modo ambiguo, finisce per annullare con maggiore frequenza le sentenze dei tribunali.

Ma forse l’aspetto più grave è culturale. Quando la norma non è comprensibile, il cittadino medio rinuncia a leggerla e affida la sua interpretazione a intermediari. Questo crea distanza tra lo Stato e la popolazione, rafforza la percezione di un ordinamento incomprensibile e mina il rapporto di fiducia che dovrebbe essere alla base del patto democratico.

Una riforma possibile e urgente

Secondo i ricercatori, se le leggi italiane fossero scritte con la stessa chiarezza dei primi articoli della Costituzione, l’impatto economico positivo sarebbe immediato: un aumento del PIL stimato fino al 5%, pari proprio a quei 110 miliardi che oggi si perdono ogni anno. Ciò significa più investimenti, meno burocrazia, maggiore rapidità nelle decisioni imprenditoriali e un sistema giudiziario meno ingolfato.

Un linguaggio normativo trasparente non è un lusso, ma un’infrastruttura invisibile che sostiene l’intero Paese. È come avere strade ben asfaltate e segnaletica chiara: riduce gli incidenti, rende più veloce il viaggio, abbassa i costi di manutenzione. Le leggi scritte bene farebbero lo stesso per l’economia italiana, trasformando un apparato oggi percepito come un ostacolo in uno strumento di crescita e di fiducia collettiva.

Persona dall'avvocato
La legge costa troppo ed è scritta male, come si può rendere più chiara (Freepik Foto) – www.managementcue.it

Un’emergenza economica e democratica

Non si tratta dunque soltanto di migliorare l’efficienza amministrativa: la questione riguarda anche la qualità della democrazia. Una legge incomprensibile è una legge che esclude i cittadini dalla sua applicazione consapevole, spingendoli a delegare tutto a tecnici, avvocati e burocrati. Al contrario, una normativa limpida rafforza il senso di appartenenza, rende trasparente l’azione dello Stato e alimenta la fiducia reciproca tra istituzioni e società civile.

In questo senso, riscrivere le leggi non significherebbe soltanto alleggerire la burocrazia o stimolare il PIL, ma anche ridare dignità al rapporto tra cittadini e Stato. La chiarezza normativa è un capitale sociale tanto quanto quella economica: un bene comune che, se coltivato, può restituire al Paese non solo miliardi di euro, ma anche la certezza del diritto e una democrazia più solida.