Il cibo degli ospedali è cancerogeno: non gli importa di quello che ti fanno mangiare | L’importante è tenerti buono

Il cibo in ospedale può essere pericoloso? Ecco cosa è successo: il caso potrebbe lasciarti senza parole e non sarebbe l'unico (DC Studio/Freepik) - managementcue.it
Il cibo in ospedale può essere pericoloso? Ecco cosa è successo: il caso potrebbe lasciarti senza parole e non sarebbe l’unico
Nel 2025, prenotare una visita specialistica nel pubblico può significare aspettare mesi. Una colonscopia programmabile può richiedere fino a 360 giorni, una mammografia anche 320. Il diritto alla salute si trasforma in un percorso a ostacoli.
Il numero di infermieri è in calo drammatico: nel 2025 ci sono più posti nei corsi di laurea che candidati. Il turnover non è coperto e il sistema rischia il collasso. Molti italiani percepiscono la sanità pubblica come un sistema che li abbandona.
Secondo Transparency International, il 94% degli operatori sanitari ritiene che la corruzione sia diffusa. La fiducia è ai minimi storici. Il Piano Sanitario Nazionale potrebbe essere fermo. Le riforme promesse non arrivano, i medici a gettone aumentano, e la medicina territoriale resta un miraggio.
Il costo della sanità italiana cresce più del PIL: nel 2025 è stimato al 6,5% del prodotto interno lordo, ma questo non si traduce in servizi migliori. I cittadini pagano ticket alti, si rivolgono al privato per necessità, e chi non può permetterselo rinuncia alle cure.
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Cosa succede
Secondo Il Fatto Quotidiano, il sistema è diventato insostenibile per molti, e la distribuzione delle risorse è inefficace. In una foto pubblicata come post sul profilo Instagram @mattia.garutti.oncologo lo scorso 29 agosto, l’oncologo Mattia Garutti rivela nella didascalia: “In tantissimi me lo state chiedendo“.
La nota continua: “‘Se il prosciutto è cancerogeno, perché viene servito nei reparti di oncologia e negli ospedali?’. Le carni lavorate, come prosciutti e salumi, sono state classificate dallo IARC come cancerogeni certi (gruppo 1)“. Cosa vuol dire?
La spiegazione
La didascalia continua: “Il prosciutto è pronto, facilmente conservabile, ricco di proteine e generalmente ben accettato dai pazienti. In un contesto in cui la priorità è spesso ‘far mangiare’ persone fragili, qualsiasi alimento gradito tende a essere preferito“. Poi arriverebbe la stangata: “A ciò si aggiunge l’inerzia strutturale: adattare forniture, abitudini e menù alle raccomandazioni nutrizionali richiede tempo, risorse e personale“.
Lo specialista conclude: “Nel momento in cui una diagnosi oncologica è già presente il focus si sposta sul supporto nutrizionale, cioè garantire al corpo tutto ciò che serve per tollerare al meglio le terapie, ridurre complicanze e massimizzarne l’efficacia“. Così la scelta ricade su altro: “In questo contesto il prosciutto, grazie alla sua densità proteica, può essere utile in alcuni casi, pensiamo per esempio all’anoressia-cachessia neoplastica. Tuttavia, se ci chiediamo se sia SEMPRE la scelta migliore, la risposta probabilmente sarebbe no“.