Ogni anno si va in pensione sempre più tardi: dovremo lavorare fino a 80 anni | La CGIL ha smascherato l’INPS

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INPS logo pensioni (Deposiphotos foto) - www.managementcue.it

Tra rabbia e incertezza, si riaccende il dibattito sulle pensioni e sull’età in cui potremo davvero smettere di lavorare.

Negli ultimi anni, la parola “pensione” è diventata quasi un miraggio per molti lavoratori. L’idea che il momento del ritiro si stia allontanando sempre di più genera un senso diffuso di frustrazione, soprattutto tra chi ha già alle spalle decenni di contributi.

C’è chi inizia a chiedersi se il lavoro non sia ormai destinato a diventare una condizione permanente. Non è solo una questione economica, ma anche psicologica: vivere senza sapere quando arriverà il proprio turno logora.

Lo scenario si complica se si guarda ai cambiamenti che riguardano i requisiti per accedere alla pensione. Ogni modifica sembra spostare il traguardo sempre più in là, lasciando chi lavora con la sensazione di inseguire qualcosa che si allontana. E se per alcuni il lavoro è una passione, per molti altri resta un obbligo necessario a sopravvivere.

In questo clima, crescono le domande amare, come quella che appare nel video condiviso su Instagram dal profilo apiccia_p: “Ma cosa versiamo a fare i contributi? Se non si protesta per questo, per cos’altro si protesta?”

Tra calcoli e aspettative che cambiano

Il dibattito sull’età pensionabile non è nuovo, ma oggi assume contorni sempre più preoccupanti. L’INPS continua a ribadire la necessità di legare i requisiti all’aspettativa di vita, con un sistema che si adatta automaticamente all’evoluzione demografica. In pratica, più si vive a lungo, più tardi si va in pensione. Un ragionamento che sul piano tecnico può sembrare logico, ma che nella vita reale si scontra con la fatica di chi lavora, soprattutto in mansioni usuranti.

Nel frattempo, le proiezioni sul futuro diventano sempre più cupe. Le nuove generazioni rischiano di andare in pensione ben oltre i 70 anni, secondo i dati prospettici. E sebbene parlare di 80 anni sia probabilmente una forzatura, resta il fatto che per molti giovani lavoratori l’uscita dal mondo del lavoro sembra un obiettivo lontanissimo. La sostenibilità del sistema previdenziale viene spesso invocata per giustificare le riforme, ma il prezzo sembra ricadere sempre sulla stessa parte della popolazione.

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Pensionati INPS (Canva foto) – www.managementcue.it

Il caso CGIL e lo scontro con l’INPS

A riaccendere i riflettori è stato un servizio del TG3, rilanciato anche dalla CGIL, che mette in discussione le proiezioni fornite dall’INPS. Secondo il sindacato, le stime ufficiali non tengono conto della realtà sociale ed economica di molti lavoratori, soprattutto quelli precari o con carriere discontinue. “Stanno alzando l’età in modo inaccettabile”, è la critica mossa alla gestione del sistema. La CGIL accusa apertamente l’INPS di portare avanti un modello che penalizza chi ha già versato contributi per tutta la vita.

L’ipotesi estrema di dover lavorare fino a 80 anni è stata lanciata come provocazione, per attirare l’attenzione su un tema che riguarda milioni di persone. Non è una previsione certa, ma una denuncia simbolica di quello che, secondo alcuni, potrebbe accadere se non si cambia rotta.