Superdazi sulla pasta: rincari che arrivano al 120% | Ti costa cara questa carbonara

Donald Trump

Donald Trump (Facebook foto) - www.managementcue.it

Una decisione che sa più di sfida gastronomica che di strategia commerciale: i superdazi colpiscono la nostra cucina.

Mentre in Italia si discute di sovranità alimentare e valorizzazione dei prodotti locali, oltreoceano si combatte una guerra silenziosa a colpi di tariffe e dichiarazioni. Non è la prima volta che il cibo diventa strumento di tensione internazionale, ma stavolta la questione ha un sapore particolarmente simbolico. Quando un prodotto iconico come la pasta finisce nel mirino, l’attacco è culturale prima ancora che economico.

Negli Stati Uniti, alcuni settori stanno spingendo per una maggiore protezione dei prodotti “made in USA”. Non si tratta solo di concorrenza commerciale, ma di un vero e proprio tentativo di riequilibrare la percezione del valore dei prodotti stranieri. E tra questi, pochi hanno lo stesso impatto simbolico e gastronomico della pasta italiana. Una scelta che sembra più emotiva che razionale.

La notizia apre scenari preoccupanti per centinaia di produttori italiani e per un intero comparto già provato da tensioni globali. A quanto pare, impastare farina e acqua è diventato un atto politico.

La tensione è crescente e l’attenzione delle istituzioni italiane non sembra ancora all’altezza della posta in gioco. Il ministro Lollobrigida ha dichiarato di seguire i dossier, ma per molti serve un intervento concreto, prima che l’escalation da culinaria diventi economica a tutti gli effetti. In fondo, se si colpisce la pasta oggi, cosa impedirà di tassare la pizza domani?

Una scelta che sa di sfida e risentimento

Nel cuore della questione c’è la decisione dell’ex presidente Donald Trump, che ha annunciato l’introduzione di un superdazio sulla pasta italiana. A partire dal 2026, le esportazioni verso gli USA potrebbero subire rincari fino al 107%. La motivazione ufficiale è il “dumping”, ovvero una concorrenza sleale dei prodotti esteri. Ma in molti, anche negli Stati Uniti, vedono la mossa come una reazione al successo globale della pasta italiana.

“Altro che guerra commerciale: questa è una vendetta culinaria”, ironizza il profilo Instagram di dr.mricciardi, che ha commentato la notizia in un post diventato virale. Secondo questa visione, non si tratta di difendere un’economia nazionale, ma di colpire simbolicamente un prodotto che rappresenta qualità, tradizione e, soprattutto, identità. Un gesto che supera i confini del mercato per entrare in quelli, ben più delicati, della cultura.

Dazi
Dazi Stati Uniti (Canva foto) – www.managementcue.it

Colpita l’icona della cucina italiana

Il rischio concreto è che interi marchi del comparto agroalimentare italiano vengano penalizzati da una misura sproporzionata. Un rincaro simile, che potrebbe arrivare anche al 120% in alcuni casi, renderebbe la pasta un bene di lusso per molti consumatori americani. Il timore è che la qualità venga sostituita dalla convenienza, favorendo prodotti meno autentici e più economici.

Ma il segnale è ancora più forte: se la pasta italiana non è gradita, allora è l’intero sistema agroalimentare a rischiare l’isolamento. La preoccupazione si allarga: sarà la pizza la prossima vittima? O il parmigiano?