Meglio di un orologio di lusso: tuo figlio diventa il tuo più grande investimento | 10 anni e puoi vendere al miglior offerente

Bambini, merce di scambio sui social (Freepik Foto) - www.managementcue.it
Viviamo in un’epoca in cui il valore delle persone sembra spesso misurarsi in numeri: like, visualizzazioni, follower.
L’apparenza è diventata moneta, e ciò che conta non è più solo ciò che si è, ma ciò che si mostra. In questo contesto, persino la genitorialità rischia di trasformarsi in un palcoscenico, dove i bambini diventano protagonisti inconsapevoli di strategie di visibilità.
Non c’è nulla di male nel condividere momenti di vita familiare, ma il confine tra affetto autentico e sfruttamento mediatico è sempre più sottile. Quando un’infanzia viene raccontata attraverso la lente del guadagno o della popolarità, qualcosa si incrina: l’immagine del bambino non è più memoria, ma prodotto.
Il digitale ha abbattuto le distanze, ma ha anche eliminato molti filtri. Foto, video e contenuti che un tempo restavano nel cassetto di famiglia oggi finiscono in rete, permanenti, osservabili e — spesso — monetizzabili. Quello che per un genitore può sembrare un gesto d’orgoglio, per un figlio può diventare, col tempo, un peso.
E se un giorno quell’immagine dovesse valere qualcosa? Se i bambini di oggi, cresciuti davanti a un pubblico, diventassero davvero “investimenti” per il futuro? È la provocazione che emerge dal dibattito sempre più acceso attorno all’economia dell’infanzia online.
Cosa troverai in questo articolo:
Dal lusso materiale al capitale umano
Un recente reel pubblicato su Instagram da @cybersec_vale, dal titolo “Meglio di un orologio di lusso: tuo figlio diventa il tuo più grande investimento – 10 anni e puoi vendere al miglior offerente”, affronta proprio questa deriva. Con tono ironico ma tagliente, il video mostra come alcuni genitori trasformino i propri figli in strumenti di marketing, veri e propri “asset digitali” da coltivare nel tempo.
Il messaggio è chiaro: non si tratta più solo di pubblicare un ricordo, ma di costruire un brand. I bambini diventano il fulcro di strategie di immagine, con account gestiti dai genitori, sponsorizzazioni, partnership e contenuti studiati per generare profitto. Un processo che, se non gestito con consapevolezza, può minare la privacy e l’identità dei più piccoli.
L’infanzia ai tempi dell’algoritmo
Nel mondo dei social, l’infanzia è diventata contenuto. Foto e video che mostrano i momenti più teneri o divertenti dei bambini accumulano milioni di visualizzazioni, e con esse arrivano offerte commerciali e collaborazioni. Il problema è che questi contenuti restano, e definiscono un’identità pubblica prima ancora che il bambino possa scegliere chi essere.
L’impatto psicologico non è trascurabile: crescere sapendo di essere stati “esposti” può generare disagio, ansia da prestazione o perdita di intimità. In molti Paesi si discute già di leggi per tutelare la “privacy dei minori digitali”, imponendo limiti alla condivisione e diritti economici ai figli “influencer”. Essere genitori nel mondo connesso significa anche proteggere la libertà futura dei propri figli. Ogni post, ogni video, ogni tag è un frammento della loro storia personale che, una volta online, non si cancella più. L’educazione digitale inizia proprio qui: nel comprendere che non tutto ciò che si può condividere, si deve condividere. Come ricorda @cybersec_vale nel suo reel, “un orologio si può vendere, ma un figlio non è un investimento: è un essere umano che merita di scegliere da solo cosa valere”. Una riflessione forte, che colpisce perché mette a nudo la realtà di un’epoca in cui la visibilità è diventata il nuovo lusso — ma il prezzo, spesso, lo pagano i più piccoli.