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La soluzione alla fame nel mondo: ce l’abbiamo, ma non vogliamo usarla | Preferiscono veder morire le persone

Scoperta shock tra gli esperti: la soluzione alla fame del mondo è sempre stata sotto i nostri occhi, ma non ce la fanno usare.

Nel cuore delle metropoli europee, i mercati chiudono le serrande lasciando dietro di sé sacchi pieni di prodotti invenduti. Frutta ancora fresca, pane fragrante, verdure intatte. Ogni alimento scartato racconta una scelta collettiva, un meccanismo rodato che accetta lo spreco come parte integrante del sistema. La domanda, però, resta sospesa: cosa ci impedisce di redistribuire questo eccesso?

In parallelo, le statistiche continuano a denunciare una realtà che si fa sempre più difficile da ignorare. Milioni di cittadini europei vivono nell’impossibilità di nutrirsi in modo adeguato, nonostante il cibo ci sia, visibile, abbondante, spesso perfino in eccesso. La povertà alimentare non è un effetto collaterale dell’assenza di risorse, ma una conseguenza diretta di un modello sbilanciato.

Accade ogni giorno, sotto gli occhi di tutti: interi carichi di alimenti vengono distrutti perché considerati invendibili, scaduti o semplicemente in eccesso. Il paradosso è evidente e scomodo: abbiamo così tanto da permetterci di buttarlo, eppure scegliamo di non metterlo a disposizione di chi non ha nulla. Questa distorsione non è nuova, ma oggi più che mai appare ingiustificabile.

L’impatto non è solo sociale, ma anche ambientale. Ogni singolo chilo di cibo sprecato rappresenta una catena di risorse inutilmente consumate: acqua, suolo, energia e lavoro umano. Il peso dello spreco alimentare, spiega il post Instagram di angelogrecoofficial, equivale a quello di tutta l’industria del trasporto globale. Un danno incalcolabile, spesso ignorato.

Un sistema che produce troppo e non condivide

Secondo i dati riportati, ogni anno in Europa si sprecano 59 milioni di tonnellate di cibo. È come se ognuno di noi buttasse via un frigorifero pieno: in media 132 chili di alimenti pro capite. E mentre questo accade, 37 milioni di persone non possono permettersi un pasto completo ogni due giorni. Non è un problema di scarsità, è un problema di scelte.

Il paradosso è aggravato dal fatto che il cibo c’è, ma non viene distribuito. Non per ragioni logistiche insormontabili, ma per una precisa volontà (o non volontà) di agire.

Mensa dei poveri (Canva foto) – www.managementcue.it

Una scelta collettiva che costa vite

Abbiamo la soluzione alla fame nel mondo, ma non vogliamo usarla: è questa l’affermazione centrale e provocatoria lanciata da Angelo Greco. Il cibo esiste, è disponibile in abbondanza, ma viene scartato ogni giorno da un sistema che preferisce l’efficienza economica alla solidarietà. E così, mentre scaffali si svuotano e container si riempiono di scarti, milioni di persone restano a digiuno.

Il vero nemico, conclude il post, non è la fame ma l’indifferenza. Una società che accetta lo spreco come inevitabile, che considera normale buttare ciò che potrebbe salvare vite, sta scegliendo consapevolmente di non agire. Ogni mela gettata, ogni piatto distrutto, diventa così il simbolo di un’umanità che ha deciso di voltarsi dall’altra parte.

Published by
Ilenia Albanese