Smart Working in Italia: come sta andando nel 2025?
Lo Smart Working in Italia continua la sua evoluzione, consolidandosi come modello organizzativo stabile e flessibile: nel 2025, oltre 3,57 milioni di lavoratori operano da remoto, ma il potenziale è ancora lontano dall’essere pienamente sfruttato.
Negli ultimi anni, il lavoro agile ha subito una trasformazione radicale: da misura emergenziale durante la pandemia a modello strutturato per molte organizzazioni. Il report 2025 dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano conferma questa tendenza, evidenziando un incremento degli smart worker in Italia, arrivati a quota 3.575.000, con una crescita dello 0,6% rispetto all’anno precedente.
Cosa troverai in questo articolo:
Il boom nelle Pubbliche Amministrazioni, il rallentamento nelle PMI
Il comparto pubblico registra la crescita più significativa: +11%, per un totale di 555.000 smart worker, pari al 17% dei dipendenti della PA. Le grandi imprese continuano a trainare il fenomeno con un 53% dei lavoratori attivi in modalità agile (1.945.000 persone). Al contrario, le PMI e le microimprese mostrano segnali di contrazione, con una riduzione rispettivamente del 7,7% e del 4,8%.
Questi dati riflettono anche il diverso grado di strutturazione delle pratiche di Smart Working: mentre il 95% delle grandi imprese e il 67% delle PA adottano policy definite, solo il 45% delle PMI ha implementato iniziative, spesso informali e basate su accordi individuali.
Un potenziale ancora inespresso: fino a 6,5 milioni di smart worker possibili
Secondo l’indagine, ben il 21% dei lavoratori italiani (circa 3 milioni di persone) potrebbe svolgere almeno metà delle attività da remoto senza perdita di efficacia. Se questo potenziale fosse pienamente attivato, si tornerebbe a livelli prossimi a quelli registrati durante la pandemia, con oltre 6,5 milioni di smart worker.
Modelli di Smart Working: prevale l’ibrido
In Italia, il modello ibrido è il più diffuso: alterna giornate in presenza a lavoro da remoto secondo linee guida o policy aziendali. Il full remote resta marginale e confinato a settori specifici, come i servizi digitali.
Le modalità organizzative variano: il 36% dei lavoratori sceglie autonomamente i giorni in sede (approccio individualista), il 32% si affida a direttive aziendali (approccio centralizzato) e un altro 32% pianifica con il team (approccio collaborativo). Quest’ultimo si dimostra il più efficace in termini di engagement, performance e senso di appartenenza.
Smart Working e benessere: attenzione all’overworking
Il lavoro agile porta benefici in termini di flessibilità, ma non è privo di rischi. Il 35% dei white collar che lavorano da remoto soffre di overworking, contro il 30% di chi lavora sempre in sede. Per contrastare questo fenomeno, il 49% delle grandi aziende ha adottato misure per tutelare il diritto alla disconnessione, come l’introduzione di fasce orarie in cui non è consentito contattare i dipendenti.
Nel settore pubblico, la sensibilità al tema è ancora più marcata: il 78% delle PA con progetti di lavoro agile ha implementato misure specifiche di tutela.
AI e Smart Working: sinergie per il futuro
La diffusione dell’Intelligenza Artificiale sta modificando in profondità il contenuto delle attività lavorative. Automatizzando le mansioni ripetitive, l’AI libera risorse che possono essere reindirizzate verso attività a maggior valore aggiunto, come l’innovazione, la collaborazione e la formazione continua.
Questo processo contribuisce a rendere il lavoro più flessibile, autonomo e allineato ai principi dello Smart Working. Ma il rischio è quello di una percezione crescente di sostituibilità, che può minare la motivazione dei dipendenti, soprattutto tra i più giovani. Per evitare ciò, i manager devono saper usare l’AI come strumento di empowerment, non di alienazione.
Una leva strategica per affrontare il cambiamento demografico
In un contesto come quello italiano, segnato dall’invecchiamento della forza lavoro e da una contrazione demografica, lo Smart Working rappresenta una risorsa fondamentale. Come sottolinea Fiorella Crespi, Direttrice dell’Osservatorio, “il lavoro agile può diventare leva strategica per rispondere alle dinamiche demografiche e rendere il lavoro più sostenibile per le persone”.
Il ruolo del management: come evolvere i modelli
Per i manager, la vera sfida non è più decidere se adottare lo Smart Working, ma come farlo evolvere. Secondo Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, l’obiettivo deve essere costruire modelli ibridi efficaci, che garantiscano coesione, autonomia e un forte legame con l’organizzazione.
Ciò implica una trasformazione delle competenze manageriali: serve la capacità di definire obiettivi chiari, delegare, valutare i risultati e promuovere la responsabilizzazione. Solo così lo Smart Working può essere una reale opportunità di crescita per le persone e le aziende.
Smart Working Award 2025: i vincitori dell’innovazione
Durante il convegno “Lo Smart Working ai tempi dell’AI”, sono stati assegnati gli Smart Working Award 2025, che premiano le realtà più innovative:
- Fater per le grandi imprese
- ActionAid per le PMI
- Comune di Padova per la Pubblica Amministrazione
Queste organizzazioni si sono distinte per l’approccio strategico e il contributo allo sviluppo di un nuovo modo di lavorare, in grado di rispondere in modo proattivo alle sfide tecnologiche, organizzative e sociali del presente e del futuro.
Verso un modello di lavoro più sostenibile e intelligente
Lo Smart Working in Italia ha superato la fase emergenziale e si avvia a diventare una componente stabile del panorama organizzativo. Ma il suo pieno potenziale è ancora lontano dall’essere raggiunto. Per farlo, servirà un impegno costante da parte di manager, lavoratori e istituzioni nel costruire modelli flessibili, inclusivi e sostenibili.
L’integrazione con l’Intelligenza Artificiale e l’attenzione al benessere delle persone saranno i pilastri su cui costruire il lavoro del futuro: un lavoro più libero, ma anche più responsabile e connesso al valore umano che ogni individuo può portare.
