Addio al posto fisso: “Un giorno triste per l’Italia intera” | I giovani non avranno garanzie
Posto fisso in Italia (Canva foto) - www.managementcue.it
Un’analisi allarmante sul mondo del lavoro pubblico in Italia: le certezze del passato stanno dissolvendosi.
Per anni è stato il sogno di una generazione intera: trovare un lavoro sicuro, possibilmente statale, e tenerselo stretto fino alla pensione. Il “posto fisso” era simbolo di tranquillità, rispetto e futuro garantito. Ma oggi, qualcosa si è rotto. Non bastano più lo stipendio sicuro e l’orario regolare per sentirsi realizzati o, peggio ancora, per sentirsi davvero al sicuro.
Basta ascoltare le voci di chi in quel “posto sicuro” c’è già. Tra corridoi silenziosi e uffici spenti, serpeggia una delusione profonda, fatta di aspettative tradite e giornate tutte uguali. È una stanchezza che non riguarda solo il lavoro in sé, ma il modo in cui viene vissuto. In molti casi, l’assenza di stimoli e crescita sta trasformando la stabilità in una prigione lenta e silenziosa.
Nel reel pubblicato su Instagram da Manuel Giommi si legge una frase che colpisce: “Un giorno triste per l’Italia intera”. Non è solo un commento amaro, ma lo specchio di un malessere collettivo.
Secondo i dati riportati, l’83% dei 15.000 dipendenti pubblici intervistati si lamenta dello stipendio, il 55% è demotivato, il 51% si sente ignorato e il 35% parla apertamente di un clima triste. Numeri che raccontano una crisi profonda, non solo economica ma anche umana.
Cosa troverai in questo articolo:
Non è solo questione di stipendio
Molti continuano a pensare che basti un contratto indeterminato per sentirsi a posto. Ma la realtà è molto più complessa. I numeri dell’indagine lo confermano: la frustrazione nasce anche dalla mancanza di prospettive. Quando un lavoro non ti offre la possibilità di crescere, cambiare ruolo, imparare qualcosa di nuovo, diventa un peso. Anche se ti arriva puntuale lo stipendio ogni fine mese.
La stabilità, da sola, non basta più. Le persone vogliono sentirsi parte di qualcosa, essere ascoltate, avere un ruolo attivo. Quando il lavoro si riduce a ripetere sempre le stesse cose, senza riconoscimenti, senza uno scopo più grande, è naturale che subentri il disincanto. Non si tratta solo di essere pagati di più, ma di sentirsi vivi in quello che si fa.

Quando la garanzia diventa illusione
Chi oggi si affaccia al mondo del lavoro, soprattutto i giovani, non vede più il posto fisso come un porto sicuro. Anzi, l’idea di finire in un contesto fermo, dove non si può costruire nulla di proprio, può persino spaventare. Lavorare in un sistema che ti garantisce lo stipendio ma non ti lascia spazio per esprimerti, non è più un’opzione attraente.
E allora sì, forse questo è davvero “un giorno triste per l’Italia”, come dice il post. Perché stiamo assistendo alla fine di un modello culturale. Non è la fine del lavoro stabile in sé, ma la fine dell’illusione che basti quello per essere felici. Se il posto fisso non garantisce più dignità, motivazione e crescita, allora non è più un punto d’arrivo, ma solo un altro punto di partenza.
