Niente caccia agli evasori: se non paghi le tasse non è un problema | C’è chi lo fa al tuo posto
Giorgia Meloni (Facebook foto) - www.managementcue.it
Si riapre il dibattito sull’equità del fisco, tra frustrazioni diffuse e accuse implicite alle istituzioni: cosa succede.
In Italia parlare di tasse è come toccare un nervo scoperto. Lo è per chi le paga tutte, per chi cerca di evitarle e persino per chi dovrebbe farle pagare. Il tema fiscale divide, accende discussioni e, troppo spesso, genera sfiducia nel sistema.
Pagare le tasse, nel nostro Paese, sembra a volte più un atto di fede che un dovere civico. Si ha la percezione che i sacrifici non siano ripagati da servizi adeguati e che le regole non valgano per tutti allo stesso modo.
È qui che nasce un malcontento profondo, che cresce ogni volta che si sente parlare di evasione, sprechi o privilegi. E che si amplifica quando a parlarne è qualcuno che riesce a dare voce a un malessere collettivo.
In un contesto così carico, bastano poche parole, dette in modo diretto, per far esplodere il dibattito. È quello che è successo con un video pubblicato su Instagram da @marco.angelini.69, in cui si afferma, senza giri di parole, che «facciamo la caccia agli evasori col ca**o», accusando implicitamente il sistema di colpire sempre gli stessi.
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Quando la fiducia nel sistema si incrina
Nel video, Angelini denuncia un meccanismo che – secondo lui – non persegue davvero gli evasori, ma si limita a continuare a colpire chi già paga: «hanno mappato chi le paga le tasse, continuano a inserire su quelli mica vanno…». Frasi che trovano eco tra tanti italiani che si sentono controllati fino all’ultimo euro, mentre altri sembrano vivere in un’altra realtà fiscale. Il punto non è se sia tutto vero, ma quanto sia diffusa questa percezione.
Non si tratta di una dichiarazione ufficiale, né di una denuncia documentata, ma il messaggio coglie qualcosa di profondo: l’idea che la lotta all’evasione sia più narrativa che concreta. E quando a farsi largo è la convinzione che pagare non convenga, il rischio è che il sistema fiscale si trasformi in una macchina che premia il furbo e penalizza il corretto.

Il malcontento degli italiani
Il post di Angelini, diventato virale, è una vera e propria accusa lanciata al sistema fiscale italiano. Non cita dati, non fa nomi, ma colpisce duro: secondo lui, chi evade non viene nemmeno cercato, perché «non serve», tanto il gettito arriva da chi è già tracciato. È un attacco che suona familiare a molti, anche a chi non condivide i toni, ma riconosce la verità amara di un sistema percepito come ingiusto.
In fondo, il vero potere di quel video sta nell’aver dato forma a un malessere che spesso resta inespresso. Non è solo sfogo, è uno specchio. Un riflesso di ciò che molti pensano quando guardano la propria busta paga, leggono l’estratto conto o ricevono una cartella esattoriale. E il sospetto che qualcun altro, da qualche parte, stia facendo il furbo indisturbato è ciò che più fa male.
