In Svezia Spotify ha un problema con gli artisti fantasma
Un inchiesta del giornale svedese Dagens Nyheter rischia di cambiare per sempre il modo in cui guardate alle playlist su Spotify. Il quotidiano alla fine di Marzo ha pubblicato un report nel quale prende di mira l’azienda conterranea accusandola di aver creato a tavolino degli artisti fasulli inserendoli nelle proprie playlist proprietarie con l’intento di fare ascolti senza dover pagare le royalties ad artisti esterni.
Cosa troverai in questo articolo:
Artisti fantasma su Spotify
Stando al report al centro dello scandalo vi sarebbe la casa discografica Firefly Entertainment, accusata di aver accumulato migliaia di stream con delle canzoni di artisti non esistenti. Fin qui nulla di sbagliato, gli account presenti sulla piattaforma non sono infatti obbligati a corrispondere a una o più persone fisiche, e questo vale sia per i fruitori che per i produttori di contenuti.
A titolo di esempio basti pensare che anche in Italia abbiamo avuto casi di artisti “inesistenti”. Qualche anno fa c’era stato il caso del finto cantante indie Cambogia, e ancora adesso abbiamo il ben più famoso progetto Liberato, che ad oggi non sembra far riferimento ad un vero e proprio artista in carne ed ossa.
Al contrario di quelli nostrani gli artisti fittizi made in sweeden hanno però la tendenza a entrare un po’ troppo di frequente all’interno delle playlist proprietarie della piattaforma. Analizzando appena 100 delle migliaia di playlist che Spotify pubblica i giornalisti si sono resi conto che degli 830 membri di Firefly apparentemente privi di un identità reale, almeno 495 comparivano in queste selezioni, facendo dunque sorgere alcuni legittimi dubbi sulla complicità della piattaforma.
Follow the music
I giornalisti hanno poi cercato di capire chi si celasse realmente dietro a queste canzoni, per farlo hanno scelto di rivolgersi al registro dell’ente editoriale svedese, scoprendo che appena 20 si celerebbero dietro a 500 di quelle identità fittizie.
Il legame tra Spotify e Firefly passerebbe però anche da un’altra società, la TSX Entertainment, colosso dell’intrattenimento partecipato della stessa firefly. Il filo rosso che unisce le società secondo i giornalisti sarebbe Nick Holmstén, attuale co-amministratore di TSX. L’uomo ha infatti lavorato per la piattaforma di streaming dal 2013 al 2020, arrivando persino a ricoprire la posizione di responsabile musicale globale.
Il ruolo della “Chillout“
N.b per chi non fosse al passo con le tendenze musicali odierne e quindi non conoscesse il termine “chillout” basti sapere che con questa parola si intende quel sottogenere dell’ambient strettamente imparentano con l’house e la musica lounge, per dirla più semplicemente la musica di sottofondo che potete trovare a un qualsiasi aperitivo estivo sulle coste italiane.
Un altro giornale svedese lo Svenska Dagbladet ha invece tirato in ballo la casa discografica Chillm, label che al momento possiede 2,500 brani sulla piattaforma totalizzando più di 2.5 miliardi di streams. E bene, secondo il quotidiano dietro a questi numeri da capogiro si nasconderebbe una sola persona: Christer Sandelin, musicista svedese già noto in madrepatria per essere stato membro delle band Freestyle e Style
Stando a Svenska Dagbladet nel 2015 il colosso dello streaming svedese avrebbe commissionato proprio a Christer Sandelin musica strumentale per le sue playlist, e la cosa non passo inosservata. Già nel 2016 Music Business Worldwide aveva insinuato che la piattaforma producesse de facto brani per le sue playlist, in modo da generare ricavi da non spartire con terze parti.
Gli interessati al momento negano tutto sostenendo che non vi sia più alcun legame tra le tre società e che i legami tra Spotify è Holmstén siano cessati con la chiusura del rapporto di lavoro nel 2020, dal canto suo invece Sveriges Yrkesmusikerförbund, la rappresentanza nazionale dei musicisti svedesi, si dice preoccupata e ha sostenuto, per bocca del suo presidente che “fare chiarezza è questione di credibilità per l’intera industria musicale”.