“Le tasse le pagano solo i poveri”: se sei milionario non devi dare un euro | A rimetterci i normali cittadini

Al lavoro in ufficio (Canva) - managementcue.it
Il sistema fiscale italiano, purtroppo tende a privilegiare i più fortunati, e a indebolire coloro già de boli (economicamente parlando).
Le tasse si configurano come strumento fondamentale per il funzionamento d’ogni Stato. Così che attraverso la loro riscossione, i governi ottengano quindi le risorse necessarie per finanziare servizi pubblici come sanità, istruzione, sicurezza e infrastrutture.
Esistono diversi tipi di tasse, dirette e indirette: le prime, come l’IRPEF o l’imposta sulle società, colpiscono direttamente il reddito o il patrimonio del contribuente. Le seconde, invece, gravano sui consumi, e si applicano su beni e servizi, come l’IVA.
Il sistema fiscale, in ogni caso, varia da Paese a Paese, adattandosi al contesto economico e sociale. Alcuni Stati, puntano su una tassazione progressiva, in cui chi guadagna di più, e si paga una percentuale maggiore; mentre altri, optano per modelli più uniformi.
E sebbene le tasse siano spesso percepite come un peso, restano indispensabili per garantire il benessere collettivo. Tali che un uso trasparente ed efficiente di queste risorse, rafforzi la fiducia dei cittadini, nelle istituzioni.
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Un fisco a due velocità
In Italia, il peso delle tasse grava in gran parte sui lavoratori e sui piccoli imprenditori; mentre per i super-ricchi stranieri, lo Stato sembra adottare un approccio decisamente più morbido. Con la flat-tax da 200 mila euro annui, i cosiddetti “neo-residenti” – cioè chi non ha vissuto in Italia, per 9 degli ultimi 10 anni –, possono mettere al sicuro miliardi di redditi esteri. Quindi, il paradosso diventa evidente, poiché un impiegato che guadagna 40 mila euro, versa, in proporzione, più tasse di chi possiede 400 milioni.
La giustificazione ufficiale di quest’agevolazione è quella di attrarre investimenti. Quantunque la Corte dei Conti abbia avvertito che non esiste alcun meccanismo di verifica, sull’effettivo impiego di tali risorse nel nostro Paese. Così, molti patrimoni arrivano, ma altrettanto rapidamente prendono ben altre strade; e spesso, con destinazione Dubai, o altri paradisi fiscali.
Le regole mancate
Il problema non è offrire vantaggi fiscali, ma farlo senza vincoli, né ricadute concrete sull’economia reale. Altri Paesi, come infatti Dubai, hanno imposto agli investitori, obblighi concreti: con aziende, infrastrutture, e turismo d’alto livello. L’Italia, dal canto suo, concede sconti senza pretendere nulla in cambio; e mentre le piccole e medie imprese chiudono, i cittadini faticano a sopravvivere al peso fiscale.
Siffatto modello, crea squilibri, e alimenta un’Italia a due velocità: con privilegi fiscali per pochi, e debiti per tutti gli altri. Pertanto, senza un cambio di rotta, non diventeremo un polo finanziario europeo, ma un semplice “discount per milionari”, mascherato da rinascita economica. Con i soliti a pagare il conto.